venerdì 25 luglio 2008

CORRIERE DELLA SERA 25/07/08 - LA "GUERRA DEL KEBAB" DIVIDE CITTA' ALTA

di Claudio Del Frate

BERGAMO — Come a Vienna nell’estate del 1683, quando l’esercito ottomano di Kara Mustafà cingeva d’assedio le mura della città. Peggio: a Bergamo i turchi sono già penetrati all’interno di Città Alta ma al posto delle scimitarre brandiscono un’arma diversa, un panino imbottito con trucioli di carne bovina. E proprio come a Vienna nel 1683, si è già mosso il condottiero Jan Sobieski, che qui ha il gentile aspetto di Silvia Lanzani, architetto, docente al Politecnico e consigliere comunale della Lega Nord.
L’ultimo atto del muro contro muro tra Carroccio e immigrati ha per oggetto il kebab, la declinazione mediorentale del fast food. Un piccolo chiosco di kebab ha aperto i battenti in piazza Mercato delle Scarpe, cuore della Bergamo medievale. «Una presenza che non c’entra nulla con l’immagine e le tradizioni del centro storico» così Silvia Lanzani ha dato fuoco alle polveri chiedendo la chiusura della botteguccia. «Bene, tutta pubblicità per il mio negozio», si frega le mani Sami Gasri, tunisino, titolare del negozio.
Dire che siamo di fronte all’ennesima polemica appiccata dai leghisti col pretesto di dar fastidio agli immigrati è riduttivo: prova ne sia che la «guerra gastronomica» a Bergamo è sfociata nell’apertura di due blog di segno opposto («Salviamo il kebab di Città Alta» contro «Mura chiuse») e frequentatissimi. Segno che le reazioni ai cambiamenti storici passano anche dalle abitudini alimentari. La battaglia al momento è fine a se stessa, perché la legge è tutta dalla parte di Sami Gasri: nulla vieta di aprire quel tipo di esercizio in centro, le carte sono in regola e nulla potrà nemmeno la proposta avanzata dalla Lega in Regione per «espellere» i kebab dai centro storici, che difficilmente avrà valore retroattivo.
«Tutto vorrei tranne che prendermi l’accusa di xenofoba — attacca Silvia Lanzani — perché la mia battaglia non è contro la cucina straniera. Quei posti mi vanno benissimo, ma non in Città Alta; qui devono essere rispettati il valore storico e tradizionale dei luoghi e anche la loro funzione. Bergamo Alta non è un parco turistico, è un quartiere dove vivono ancora 5.000 persone e da cui rischiano di scomparire servizi essenziali. Faccio la guerra al kebab così come la farei a un McDonald’s, a un negozio di chincaglierie. I nostri centri storici non sono Marrakech e badate che una proposta come la nostra l’hanno presentata anche a Lucca e in Regione Toscana».
Resta da capire se Silvia Lanzani è soddisfatta della piega che ha preso la discussione, un po’ troppo da «curva nord contro curva sud». «La diatriba tra leghisti e comunisti non mi interessa — sottolinea — e anzi ho preso la parola più come architetto e come abitante di Bergamo Alta che non come leghista».
In piazza Mercato delle Scarpe il piccolo kebab della discordia resta in questi giorni chiuso: il ragazzo incaricato di mandarlo avanti è dovuto tornare in Tunisia per motivi familiari; ma nel quartiere di Santa Caterina — Bergamo Bassa — Sami Gasri se la ride da dietro il bancone dell’altro kebab di cui è titolare. Il menu, va detto, è tutto fuorché fondamentalista e oltre al panino arabo propone anche hamburger, olive ascolane, patate fritte e persino la birra. «Questa polemica sta facendo solo un sacco di pubblicità gratis alle mie attività — polemizza — più se ne parla e più farò soldi». Ma poi il sarcasmo cede il passo all’amarezza: «Ditemi voi se con tutti i problemi che ci sono in Italia e anche a Bergamo, la scandalo deve essere la mia botteguccia di due metri per due. Se i miei panini non piaceranno, chiuderò; ma se avrò tanti clienti, vuol dire che il mio lavoro è apprezzato». E magari, in segno di pace, si potrà arrivare anche a un piatto di polenta e kebab.

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